Microtransazioni nei videogame, le prime lotte per la sua abolizione

Foto:videogame e microtransazioni

Nel mese di febbraio il governo Hawaiano ha presentato una proposta di legge che se approvata, porterebbe ad una limitazione dell’uso delle tecniche elettroniche di gioco d’azzardo nei videogame.

Nell’ultimo trimestre del 2017, il “campo videoludico”, è stato segnato da un vero e proprio terremoto che ha coinvolto diversi publisher. Parliamo dello scandalo delle microtransazioni, inserite negli ultimi (titoli/videogame) “tripla A” con modalità poco trasparenti, che strizzano l’occhiolino al pay-to-win e, a detta di alcuni, addirittura al gioco d’azzardo.

Proprio il mondo “mobìle” ha diffuso il concetto di microtransazioni e di giochi “freemium”, ossia titoli gratuiti ma nei quali, per ottenere determinati obiettivi senza impegnare centinaia di ore, si è invogliati a spendere denaro reale. Ebbene, da metà febbraio 2018 il governo delle delle Hawaii sta tentando di presentare una legislazione che limiterebbe l’uso di tecniche di gioco d’azzardo nei videogame. Come riportato dal magazine online “Hawai Tribune”, quattro proposte di legge del mese scorso prendono di mira le forme di sfruttamento di monetizzazione nei videogame, come la meccanica che solitamente vede i giocatori lasciare la valuta del mondo reale o del gioco per una cassa contenente ricompense casuali. Due di queste, “House Bill 2686” e “Senate Bill 3024”, proibirebbero la vendita, di qualsivoglia gioco, a chiunque abbia un’età inferiore ai ventun’anni, che rappresenti un sistema di vincite e bottini basati su valuta reale. Le altre due, “House Bill 2727” e “Senate Bill 3025”, costringerebbero gli editori a etichettare chiaramente i giochi caratterizzati da questo sistema di bottino (loot boxes) e rivelare anche i tassi di probabilità di riuscita per ogni tipo di premio. Tali proposte sono sostenute dal rappresentante politico Chris Lee di Oahu, che alcuni mesi fa aveva condannato il “comportamento predatorio” degli editori che impiegavano il modello delle “loot boxes”. “Questa lotta riguarda la protezione dei bambini, la protezione delle famiglie, la libertà dallo sfruttamento e il futuro dell’intrattenimento in questo paese”, ha affermato Lee all’epoca. Lee non è stato l’unico che ufficialmente ha contestato questa pratica scorretta, anche numerosi altri investigatori e politici di vari paesi, tra cui il Belgio e il Regno Unito, hanno espresso le loro preoccupazioni.
Le loot boxes e le microtransazioni sono esplicitamente progettate per sfruttare al meglio la psicologia umana specialmente nel caso dei giovani adulti (in quanto particolarmente vulnerabili) utilizzando lo stesso paradigma con cui sono progettati i giochi da “casinò”.


FONTI:

Paride Nanè
Laureato in psicologia del lavoro e delle organizzazioni, da sempre appassionato al mondo del gioco e della comunicazione, si è avvicinato allo studio della Gamification e interessato alla sua potente influenza sul comportamento umano e sull’efficienza in ambito lavorativo ed educativo. Data la maturità classica da lui sostenuta, si è interessato alla stesura di articoli di ambito ludico. Redattore e gestore del sito GamificationLab Magazine, collabora con Sicheo.srl che è una dinamica società italiana operante all’intersezione tra tecnologie e metodologie innovative.

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