Azzardo e felicità

Foto: azzardo e felicità

I giochi d’azzardo sono apparsi molto presto nella storia dell’Umanità. Sono sopravvissuti e hanno prosperato nel tempo, e nonostante siano stati aspramente combattuti da scomuniche religiose, condanne sociali e proibizioni legislative, hanno un diretto rapporto con la soddisfazione, il godimento e la felicità

Sistemi per vincere

Secondo attendibili statistiche, in Italia, i giocatori abituali, ovvero le persone che partecipano a un gioco d’azzardo gestito dallo Stato, almeno una volta a settimana, sono circa 30 milioni (circa metà della popolazione). Il motivo principale che spinge questa enorme massa di gente a sborsare dei soldi, con regolare frequenza e con caparbio accanimento, ovviamente, è la speranza di conseguire, prima o poi, una vincita sostanziosa. Una larga parte di loro, però, è destinata, non solo a non arricchirsi, ma anzi a impoverirsi sensibilmente. In pratica, sarebbe come sperare di guarire dal mal di testa, dando delle violente testate contro il muro…
A parte considerazioni di questo genere, di natura prettamente pecuniaria, l’indiscriminato proliferare di ogni forma di gioco d’azzardo, come è ampiamente documentato dalle cronache, può avere gravi ripercussioni anche sul profilo mentale. Infatti, l’incremento dell’abitudine al gioco in denaro può indurre una perniciosa dipendenza psicologica, alla stessa stregua del vizio di bere o di fare uso di sostanze stupefacenti. È sconcertante notare, però, come una gran parte di quei mezzi d’informazione che denunciano tali pericoli, non rifugga dalla tentazione di dispensare, in apposite rubriche, inconsistenti consigli per arricchirsi matematicamente al gioco. È, infatti, proprio la fiducia posta nei sedicenti metodi sicuri per vincere la causa principale delle perdite in denaro più cospicue.
In Matematica viene definito rendimento di un gioco una stima del rapporto tra vincite ottenute e capitali investiti che ci si può attendere, praticando a lungo lo stesso tipo di puntata.
Un gioco le cui puntate presentano tutte un rendimento minore di 1 viene detto svantaggioso, in quanto la sua pratica ci consentirebbe di incassare, alla lunga, una somma totale inferiore all’ammontare delle somme da noi spese. Sono svantaggiosi, in genere, tutti i giochi gestiti da un Banco, cioè da una figura che incamera tutte le poste giocate e fissa (a suo favore) i parametri relativi alle somme da elargire, in caso di vincita.

Il paradosso del vincitore

Se fosse effettivamente possibile elaborare un metodo per vincere ai giochi d’azzardo, ottenendo una percentuale minima di guadagno, garantita ad ogni puntata, nel giro di pochissimi anni l’ideatore di un tale sistema potrebbe diventare l’uomo più ricco della Terra.
Si supponga, ad esempio, che un sistemista sia riuscito a mettere a punto un metodo per vincere, al gioco del Lotto, una percentuale minima del 5%, ad ogni estrazione (tenendo conto che si effettuano tre estrazioni a settimana).

Se questa persona puntasse una somma iniziale di soli 20 euro:

  • la prima volta vincerebbe 21 euro
  • la seconda volta, puntando 21 euro, vincerebbe 22,05 euro
  • la terza volta, puntando 22 euro (e accantonando momentaneamente i 5 centesimi eccedenti), vincerebbe 23,1 euro.

Proseguendo in questo modo; ovvero, puntando ad ogni estrazione, la somma vinta la volta precedente (più un altro euro, quando il totale delle cifre accantonate arriva a tale importo):

  • dopo 52 estrazioni (circa 4 mesi) vincerebbe 248,35 euro;
  • dopo 104 estrazioni (circa 8 mesi) vincerebbe 3.133,55 euro;
  • dopo 208 estrazioni (circa 1 anno e 4 mesi) vincerebbe 500.790,95 euro;
  • dopo 312 estrazioni (circa 2 anni) vincerebbe 80.046.648,5 euro (più d’un “6” al Superenalotto);
  • dopo 416 estrazioni (circa 2 anni e 8 mesi) vincerebbe 12.794.704.314,2 euro (più o meno l’incasso di un intero anno del Gioco del Lotto);
  • dopo 520 estrazioni (circa 3 anni e 4 mesi) vincerebbe 2.045.113.224.492,6 euro (superando Bill Gates);
  • a questo punto, solo l’inevitabile tracollo economico del nostro Stato gli impedirebbe, nel giro di altri due o tre anni, di impadronirsi di tutte le ricchezze del pianeta.

Denaro e felicità

In realtà, un sistema sicuro per diventare ricchi con i giochi d’azzardo, gestiti da un Banco, esiste ed è il seguente: Scrivete un libro dal titolo «Come diventare RICCHI con i giochi d’azzardo, gestiti da un Banco» e vendetene moltissime copie…
Ma vincere moltissimo denaro costituisce effettivamente una grande fortuna?
Le statistiche registrano innumerevoli storie di giocatori che, dopo aver incamerato delle cifre considerevoli, sono rapidamente tornati al livello precedente (se non peggiore…), dopo essere stati travolti da una valanga di problemi, portatori di angoscia e inquietudine.
È estremamente difficile, infatti, riuscire a gestire oculatamente una consistente ricchezza, piovuta all’improvviso dal cielo e non commisurata alle proprie capacità produttive.
È come se un bambino, abituato ad andare sul cavallo a dondolo, venisse improvvisamente messo in sella a un purosangue: nel giro di pochi secondi verrebbe inesorabilmente scaraventato a terra…
Questa serie di considerazioni è riassunta efficacemente dal detto popolare (non un vero proverbio) che afferma: «Il denaro non dà la felicità». Ma un tale oculato ammonimento, nel tempo, è stato bersaglio dell’ironia di una grande quantità di personaggi famosi, come testimonia la seguente, pur parziale, lista di aforismi.

  • Chi ha detto che i soldi non comprano la felicità, semplicemente non ha idea di dove andare a fare shopping. (Bo Derek)
  • Col denaro, l’infelicità si sopporta meglio. (Françoise Sagan)
  • Con i soldi non compri la felicità, ma compri uno yacht per raggiungerla. (Johnny Depp)
  • Dicono che il denaro non faccia la felicità; ma, se devo piangere, preferisco farlo sul sedile di una Rolls Royce, piuttosto che su quello di un vagone della metropolitana. (Marilyn Monroe)
  • Il denaro non dà la felicità. Allora, perché i ricchi ci tengono tanto? (Georges Feydeau)
  • Il denaro non dà la felicità, ma per rendersene conto, bisogna possederlo. (Roberto Gervaso)
  • Il denaro non dà la felicità; però, può pagare un gruppo di specialisti che studiano il problema. (Boris Makaresko)
  • Il denaro non fa la felicità. La compra già fatta. (Mauroemme)
  • Il denaro non serve a niente e non ha mai dato la felicità a nessuno! A nessuno, soprattutto quando è poco. (Eduardo de Filippo)
  • La felicità non si può comprare. Ma con un leasing… (Vincenzo Zapparoli)
  • Tutto quello che chiedo è la possibilità di provare che il denaro non può fare la mia felicità. (Spike Milligan)
  • Se la ricchezza non dà la felicità, figuriamoci la miseria! (Woody Allen)

Il precedente coro di sberleffi, però, non è unanime. Per par condicio, riportiamo alcune autorevoli affermazioni, che avvalorano il saggio proverbio: «La vera ricchezza è contentarsi».

  • L’esser contenti è una ricchezza naturale, il lusso è una povertà artificiale. (Socrate)
  • Non è la ricchezza il bene da noi cercato: essa infatti ha valore solo in quanto utile, cioè in funzione di qualcos’altro… (Aristotele)
  • La felicità non consiste nell’acquistare e nel godere, ma nel non desiderare nulla, perché consiste nell’essere liberi. (Epitteto)
  • La felicità sta nel gusto e non nelle cose; si è felici perché si ha ciò che ci piace, e non perché si ha ciò che gli altri trovano piacevole. (François de La Rochefoucauld)
  • La suprema felicità della vita è essere amati per quello che si è; o, meglio, essere amati a dispetto di quello che si è. (Victor Hugo)
  • Non è quanto si possiede, ma quanto si assapora, a fare la felicità. (Charles Spurgeon)
  • La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha (Oscar Wilde)

La teoria di Easterlin

A livello scientifico, l’assunto in base al quale la felicità delle persone non dipende dalla variazione delle loro ricchezze, è stata attestata , nel 1974, dall’economista statunitense Richard Easterlin, attraverso l’enunciazione di una tesi, nota come Paradosso della felicità. Con il proprio studio, Easterlin, ha mostrato come, con l’aumentare del reddito, e quindi del benessere economico, la felicità umana cresce fino ad un certo punto; poi, comincia a diminuire, seguendo una curva ad U rovesciata.
Se si esprime la felicità, come una funzione del reddito individuale e dei beni relazionali, è ragionevole supporre che un aumento della ricchezza contribuisca direttamente a un incremento della felicità, soprattutto per le persone meno abbienti. Bisogna, però, anche considerare che, dopo aver superato una certa soglia (difficile da percepire…), un analogo andamento può diventare controproducente poiché l’impegno per aumentare il reddito (assoluto o relativo) può riflettersi negativamente sulla qualità delle relazioni umane; indirettamente, quindi, potrebbe smorzare, o addirittura ribaltare l’effetto totale, diminuendo il livello di felicità.
Da ciò deriva che la ricchezza e la felicità non sono la stessa cosa; per essere più felici, infatti, non è sufficiente cercare di aumentare l’utilità (prodotti, beni, servizi), ma è necessario, in maniera prevalente, coltivare la sfera degli affetti personali.
Il paradosso di Easterlin ha dato un forte impulso agli studi sui rapporti tra Economia e felicità, mettendo in crisi l’impostazione mondiale dei mercati, indirizzati alla crescita misurata sulla base del prodotto nazionale lordo. Inoltre, ha portato economisti e psicologi ad interrogarsi più approfonditamente su che cosa intendono le persone per felicità e su che cosa le rende felici.
I dati raccolti da Easterlin evidenziano una correlazione non rilevante tra: tra reddito nazionale e felicità. In particolare, i Paesi più poveri non appaiono, significativamente, meno felici di quelli più ricchi. Anzi, da una ricerca condotta da alcuni psicologi statunitensi, è emerso che una delle popolazioni più felici del pianeta è costituita dai Masai, un gruppo etnico nilotico che vive sugli altopiani intorno al confine fra Kenia e Tanzania. Come molti altri popoli appartenenti a culture non industriali, i Masai sono tutt’altro che ricchi economicamente, ma tendono a concentrarsi principalmente su ciò che hanno, piuttosto che su ciò che non hanno.
E questo, certamente, senza aver letto Oscar Wilde…

Due anagrammi illustrati di Mister Aster

Il denaro non dà la felicità > Arde con dilaniante follia
La ridente felicità > Facilita le rendite
Ennio Peres
Nato a Milano il 1 dicembre 1945 (ma residente a Roma dalla nascita), laureato in Matematica con lode, ex professore di Informatica e di Matematica, dalla fine degli anni ‘70 svolge la professione di giocologo (che, praticamente, si è inventata lui), con l’intento di diffondere tra la gente, tramite ogni possibile mezzo, il piacere creativo di giocare con la mente. Redattore della sezione Giochi & Parole dell’enciclopedia a fascicoli Il Mondo dei Giochi (Fabbri, 2001), ha curato le voci relative ai giochi dell’Enciclopedia dei Ragazzi (Treccani, 2005) e della Treccani Trevolumi (Treccani, 2008). Inoltre, ha realizzato l'Appendice di giochi matematici della Garzantina Matematica (Garzanti, 2013). Nel campo dell'editoria più strettamente scolastica, ha integrato con oltre cinquanta schede di matematica ricreativa i sei volumi del corso di Matematica e Geometria di Anna Montemurro (De Agostini, 2015). Autore di oltre quaranta libri di argomento ludico e scientifico, ideatore di giochi in scatola e di giochi radiofonici e televisivi, collaboratore di varie testate giornalistiche nazionali e del Canton Ticino, si avvale costantemente della preziosa consulenza della moglie, Susanna Serafini. Ha ricevuto diversi premi, tra i quali: - Premio Gradara Ludens 1998. - Premio Personalità ludica dell’ anno 2005. - Premio Internazionale Pitagora sulla Matematica 2006 (per il migliore lavoro multimediale). - Trofeo ARI 2008 (per la duplice figura di autore e di divulgatore dell’arte del Rebus).

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